moriva proprio in questi giorni Michael Hutchence. Il musicista, leader degli Inxs fu trovato morto in una stanza d’albergo il 22 novembre 1997. Ricordate? Lo trovarono col collo stretto in una cintura che pendeva dalla maniglia della porta della camera 524 dell’albergo Ritz Carlton di Sydney. Il verdetto del medico legale fu suicidio, ma le dinamiche effettive non furono mai completamente chiarite.
Michael Kelland Hutchence nasce a Sydney il 22 gennaio 1960. Visse i primi anni della sua infanzia a Hong Kong e successivamente ritornò in Australia, all’inizio degli anni settanta. Sin dalla giovane età si era messo in evidenza come cantante in concorsi per bambini, rivelando doti vocali non comuni. Una strada davanti inequivocabile, perseguita con tenacia, come unica possibilità di vita, vista la grande passione che lo alimentava. Fu il 1977 l’anno campale. Insieme ai fratelli Farriss, e successivamente anche con Kirk Pengilly, forma la sua prima band, i Farris Brothers. Proponevano un sound piuttosto grezzo. allineato con ciò che il periodo imponeva; in piena epoca Post Punk non era paradossalmente necessario saper suonare, poteva essere sufficiente avere qualcosa da dire, era quello il segreto per riuscire ad emergere in un contesto musicale che avrebbe fornito in seguito un campionario infinitesimale di grande rilevanza artistica. Nel 1982, dopo aver cambiato nome ed essere diventati ufficialmente Inxs, la band si procura un contratto con la Warner (che ci vede lungo) grazie al quale incide i primi lavori: “Underneath the colours (1981)” Shabooh Shoobah (1982) ma è con “The Swing” (1984) che il gruppo, traccia il percorso che lo porterà alla notorietà; “Original Sin”, scala le vette della musica europea e statunitense.
Le dinamiche in seno al gruppo mostrarono chiaramente quanto fosse preponderante la sua personalità; era leader per vocazione, catalizzava l’attenzione della massa riscuotendo un indiscusso successo; la fama e la notorietà erano state fino a quel momento una chimera lungamente inseguita; la band era in fase di ascesa a livello mondiale, mancava però il disco della consacrazione. Arrivò nel settembre del 1987; “Kick” (Atlantic), fu accolto da critica e pubblico senza compromessi, Need You Tonight, la canzone trainante dell’album, si rivelò un successo planetario.
Quel successo, in verità, decretò l’inizio della fine. Gli album a seguire non riuscirono a mantenere le aspettative createsi intorno. Nell’olimpo del rock la band venne lentamente relegata ad un ruolo marginale. Michael aveva intuito che la parabola discendente fosse arrivata ad un punto di non ritorno. Essere leader degli Inxs alla lunga si rivelò un ostacolo per la carriera. Forse l’indiscusso talento del frontman stava rischiando di rimanere invischiato dentro la memoria di una band giunta presumibilmente al capolinea?
Hutchence progettò il grande rilancio ma per fare ciò avrebbe dovuto abbandonare gli Inxs e reinventare se stesso. Sentiva che la musica stava cambiando, lo aveva intuito ancor prima, sul finire degli anni Ottanta, quando insieme al multistrumentista Ollie Olsen diede vita a un progetto di musica elettronica denominato Max Q. Voleva destrutturare la propria immagine presso il pubblico: la figura del rocker maledetto cominciava a stargli stretta. Costruirsi una grande carriera solista era in quel momento l’obiettivo preminente. Il cantante australiano si fece produrre da Andy Gill, chitarrista dei Gang of Four, storica formazione post-punk di Leeds. L’intesa profonda che nacque tra i due generò un disco vitale, al contempo colmo di oscuri presagi, che di fatto proponeva una figura molto lontana da quella che aveva calcato le scene con gli Inxs. L’album omonimo, uscito postumo (1999), anziché rappresentare il primo passo in una nuova direzione, risultò tristemente essere il testamento compiuto dell’artista australiano.
Il 22 novembre 1997 Michael Hutchence, come detto, fu trovato morto in una stanza d’albergo. Il fratello dell’artista, Rhett Hutchence, nel libro “Total Xs” scritto sulla vita di Michael, fornisce ulteriori particolari sul periodo che il cantante stava vivendo. Abitualmente aperto, simpatico ed estroverso, cambiò radicalmente dopo una caduta. Nel corso di un diverbio con un conducente di taxi, Michael scivolò e si ruppe il cranio sul marciapiede. “Da quel momento vidi un Michael diverso”, afferma Rhett, “aveva perso l’80% dell’odorato e sentiva poco anche i sapori. Era diventato irascibile”.
Come detto in apertura, il verdetto del medico legale non lasciò adito a dubbi, fu suicidio, ma le dinamiche effettive non furono mai completamente chiarite. Nel corpo dell’artista vennero trovate ingenti dosi di alcol e psicofarmaci. “Il giorno prima del funerale – continua Rhett – andammo a rendergli l’estremo omaggio. Nella bara, Michael aveva un vestito di Vivienne Westwood. Gli misi una Marlboro Light in tasca perché mi chiedeva sempre sigarette. Più tardi Paula Yates, ultima compagna di Michael, mi disse d’avergli messo nell’altra tasca un grammo di eroina”. Paula Yates morì tre anni dopo per overdose.