Guardavo le foglie
che il vento stacca dai rami
e via le trascina nei turbini
della pioggia e le macera e le stritola
fino a mutarle quasi
nel suo sibilo, nel suo grido stesso.
Allora m’è venuto il pensiero
della morte che noi pure ci stacca
così dal tronco della terra nero,
quando vecchiaia o fuoco
di febbri han consumato
la nostra foglia umana.
Un soffio appena più forte
il tremulo gambo recide:
e saremo così trascinati
dalla pioggia, mischiati
a nuvole d’ altre foglie.
La morte ci scioglie
nelle grida del vento.
Eppure chissà che senso
di felicità originaria
si proverà in quel momento,
quando le nostre corde
strappate dalla morte renderanno
un accento supremo
all’unisono con l’accordo
maggiore dell’universo.
Forse l’estrema gioia
inutilmente inseguita
per tutta la vita,
è quella che ci folgora al momento
di morire, nel grande mutamento.
Giorgio Vigolo
(3 dicembre 1894 – 9 gennaio 1983)
L’immagine in evidenza è di Francis J Cura