Nel 1941, durante l’occupazione tedesca, il governo di Vichy stabilì che le statue parigine si sarebbero potute smantellare per riutilizzarne il metallo. Secondo l’ordine ufficiale, tali metalli sarebbero stati destinati alla produzione di materiali per l’agricultura e l’industria. Era però noto a tutti che questi sarebbero stati trasportati in Germania per scopi bellici. Il fotografo francese Pierre Jahan si recò nella discarica dove le statue erano state trasportate, e scattò una serie di fotografie che vennero poi raccolte nel libro La Mort et Le Statues.
Il risultato è impressionante: il monumento, simbolo stesso della memoria storica, viene ritratto nello sfacelo. Paradossalmente, benché sul punto di incontrare la propria morte, le statue prendono vita e reagiscono all’imminente distruzione. Private di piedistalli, fontane, ed elementi architettonici, le creature di pietra si animano ed interagiscono con il loro nuovo ambiente: un giovane uomo sembra meditare su un traliccio di metallo, un centauro lotta fra la ferraglia. Gli alligatori che un tempo sguazzavano nella fontana di Place de la Nation vengono ritratti in un groviglio di detriti e funi.
La Mort et Les Statues, con didascalie di Jean Cocteau, è dunque un’originalissima rappresentazione visiva del barbarismo culturale e dell’annientamento della memoria storica.