Si è spento la notte del 2 marzo a Cassino, nella sua abitazione, Claudio Coccoluto. Appena diffusa la notizia della sua morte, i social sono letteralmente esplosi, in un tam tam inesorabile in grado di raggiungere il popolo della notte. Una scomparsa che si fa sentire – oggi più che mai – considerando che la pandemia in corso ha spento le luci dei locali notturni da dodici mesi; la nostalgia per le serate magiche che sapeva regalare si è fatta ancora più forte.
Recuperando le origini del personaggio, scopriamo la grande passione per la musica. Il rock progressivo, un’adorazione sconfinata per The Dark Side of The Moon dei Pink Floyd. Tuttavia i colori scintillanti della New Wave lo avevano conquistato nella forma e nello stile; quello – neanche a dirlo – perpetrato da un fuoriclasse assoluto: David Byrne dei Talking Heads. Claudio lo ha spesso definito come Mentore personale.
Il “Cocco” non si è mai proclamato un vero e proprio dj. Odiava la musica da discoteca, preferiva mettere dischi nella radio locale di Gaeta, sua città di origine: “Poi un giorno – racconta – mi fecero ascoltare un registrato alla Baia degli Angeli in cui i due dj, Mozart e Baldelli, mescolavano rock, elettronica, afro e altri generi. Era qualcosa di completamente nuovo per me e diventò una specie di virus entratomi nel sangue e che mai più mi ha lasciato”.
E da quel momento di strada ne ha percorsa. Per chi negli anni ’90 frequentava la scena disco underground in Italia, Coccoluto resta ancora oggi il nome simbolo della house music. Non solo! È stato tra i primi dj superstar italiani ad essere celebrato, suonando sulle console dei Club e dei Festival di tutto il mondo. Ha messo dischi al Sound Factory Bar di New York e anche in quel caso è arrivato prima di tutti. Ricordiamo anche le ottime sequenze trasmesse per Radio Deejay con il programma C.O.C.C.O. nel quale proponeva dj set e, in diretta, mixava e interagiva con gli ascoltatori.
Impossibile scindere l’attività di produttore da quella di dj. Differenti le produzioni attive già dal 1990; l’ultima pubblicazione è datata giugno 2008 con l’album “Imusicselection5 – Vynil Heart”. Parliamo di una raccolta di 14 tracce realizzata in un’unica sequenza di vinili ed effetti mixati a mano libera come in un club. Tra le sue produzioni, “Do It Whitout Thinking”, “Afromarslight”, “Mind Melody 3.0”.
Ora, le dinamiche lavorative incentrate su quanto accade in discoteca oppure in luoghi deputati al ballo, sovente, riconducono ad un vero e proprio cerimoniale: “La serata perfetta – dice – è quella in cui i dischi ti saltano in mano; si crea un rapporto alchemico con il pubblico, non scegli razionalmente la musica ma stai partecipando a un rito collettivo”. E come dargli torto? La magia scaturita da quel flusso energetico permea la situazione, arrivando a stabilire un rapporto empatico con ogni singola persona presente. Dinamiche in ogni caso difficili da perpetrare costantemente: “La serata perfetta non capita così di frequente” dice.
Nel concreto il dj ha una missione specifica, in altre parole, quella di divertire il pubblico mediante una comunicazione elaborata tramite la musica ma sublimata attraverso il ballo. E allora: “Via gli orpelli! Non è mai il dj ad essere figo ma la musica che propone e ciò che con essa riesce a creare. Per me – continua – il ‘vero dj’ è quello che, sapendo come far scaturire un facile applauso, ne fa a meno e cerca una strada personale e inaspettata alla soddisfazione della pista, per rinnovare il gioco senza soluzione di continuità”.
Possiamo forse affermare che nulla sia efficace come la musica? Se ne parliamo toccando il piano emotivo è probabile. Una comunicazione dettata dal tempo, dal ritmo, non ha eguali: “Le parole – sostiene – ingannano perché sono frutto di ragionamento e calcolo, la musica non inganna perché è effetto e causa di emozione”. Cocco ha cominciato a mettere dischi non esattamente nel migliore dei modi: “Al tempo avevo gusti particolari e alla terza canzone svuotavo la pista. C’è voluto un po’ per definirmi. La vera svolta è arrivata comprando un campionatore. Costava quanto una macchina e infatti io andavo a piedi, ma avevo comprato, pagato a cambiali, un campionatore americano da 17.000 dollari che al tempo in Italia avevano in tre: Lucio Battisti, Pino Daniele e lo sconosciuto Claudio Coccoluto“.
Lo stile inconfondibile di Coccoluto ha donato nuovi impulsi al cuore della “Nightlife”, contribuendo in maniera determinante a sdoganare una dimensione nuova per la Club-Culture. Ancor di più rivoluzionando il concetto stesso associato alla figura del dj; non più soltanto inappuntabile Selectioner ma abile produttore dei propri suoni e all’occorrenza fine musicista. E ciò accade con l’avvento della tecnologia: avanti con i file, strumentazione ad hoc, controller e ammennicoli vari. Tuttavia, il vinile resta la fonte inesauribile alla quale attingere; tutto torna e il futuro, ancora oggi, è da ricercare proprio nel passato.
Fino all’ultimo ha continuato a occuparsi del suo mondo, la musica. Aveva lanciato all’Hotel St. Regis il progetto “Total Volume” con l’obiettivo di sostenere il settore del clubbing in crisi a causa della pandemia, prendendosela anche con chi addita la “movida” come la madre di tutti i mali: “Chi fa clubbing è un volano culturale per i movimenti giovanili, finora l’approccio delle istituzioni è stato riduttivo: sia il governo, sia il Mibact ancora non definiscono un ruolo definitivo per questo comparto, nonostante muova un indotto enorme. La mancanza di interesse e di sussidi crea una condizione pericolosa, i professionisti dovrebbero arrivare vivi a un’ipotetica data di riapertura che nessuno ancora conosce, mentre devono pagare l’affitto, le bollette… Se così non fosse, i nostri spazi diventeranno preda dell’illegalità e della malavita”.
Ad un’ultima domanda sull’eterna questione legata al fatto che i dj possano essere annoverati tra i musicisti Claudio rispose: “Come non suonano? A) sezionare i brani, B) preparare i loop, C) suddividere in cartelle, D) creare, E) suonare. E che è sta cosa allora, una pizzeria?”.