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La metodologia della narrazione guidata: una critica

La narrazione guidata è una metodologia utilizzata per aiutare le persone a esprimere le loro esperienze, emozioni e storie personali. È spesso impiegata in contesti terapeutici, educativi e comunitari per promuovere la guarigione, la comprensione e la coesione sociale.

Il concetto di “narrazione guidata” o “narrativa guidata” (in inglese “guided narrative” o “narrative transportation”) è stato esplorato da diversi studiosi e autori nel corso degli anni. Ricordiamo innanzitutto Richard Gerrig, che nel suo libro “Experiencing Narrative Worlds” (1993), introduce l’idea di “trasporto narrativo”, ovvero il processo mediante il quale le persone vengono condotte in un mondo narrativo, perdendo temporaneamente il contatto con la realtà.

Melanie Green e Timothy Brock hanno sviluppato ulteriormente il concetto di “narrative transportation” nei loro studi a cavallo del nuovo millennio, osservando come le storie coinvolgenti possano influenzare le credenze e i comportamenti delle persone. Uno dei loro lavori principali è “The Role of Transportation in the Persuasiveness of Public Narratives” (2000).

Con il suo paradigma narrativo – “Narrative Paradigm”- Walter Fisher ha suggerito che gli esseri umani sono essenzialmente narratori e che la narrazione è una forma fondamentale di comunicazione e comprensione umana. Il suo lavoro principale, “Human Communication as Narration: Toward a Philosophy of Reason, Value, and Action” (1987), ha avuto un impatto significativo sul campo.

Questi studiosi, tra altri, hanno dimostrato come le storie possono influenzare la percezione, le emozioni e il comportamento degli individui.

Tuttavia, questa metodologia non è esente da critiche. Uno degli aspetti più problematici riguarda la figura del facilitatore di queste narrazioni e le aspettative poste su coloro che partecipano, specialmente quando si tratta di individui con limitate capacità linguistiche o educative.

Chi facilita la narrazione guidata deve possedere non solo competenze tecniche, ma anche una sensibilità particolare verso le diverse esperienze e capacità dei partecipanti. Tuttavia, esistono diverse criticità. I facilitatori possono, consapevolmente o inconsapevolmente, influenzare la narrazione dei partecipanti. Possono avere aspettative su come dovrebbe essere raccontata una storia di dolore, imponendo modelli narrativi predefiniti che non rispecchiano l’esperienza unica del narratore. Inoltre, la formazione dei facilitatori può variare notevolmente. Un facilitatore mal preparato potrebbe non essere in grado di gestire adeguatamente le emozioni intense o le esperienze traumatiche che emergono durante il processo narrativo. Spesso, chi guida queste narrazioni appartiene a un contesto socio-economico e culturale diverso da quello dei partecipanti. Questo divario può creare barriere di comunicazione e comprensione, rendendo difficile per il facilitatore cogliere appieno le sfumature delle esperienze raccontate.

La narrazione del dolore richiede non solo la capacità di trovare le parole giuste, ma anche il contesto e il supporto adeguato a farlo. Le persone con un basso livello di istruzione o con limitate competenze linguistiche possono avere difficoltà a esprimere le proprie esperienze in modo coerente e comprensibile. Questo non solo può rendere la narrazione meno efficace, ma può anche esacerbare il senso di frustrazione e isolamento del narratore. La metodologia rischia, cioè, di privilegiare le voci di coloro che sono già abituati a parlare in pubblico o che possiedono una certa eloquenza, escludendo implicitamente le testimonianze di coloro che non hanno queste capacità. Inoltre, la narrazione guidata può fallire nel catturare l’intensità e la complessità delle emozioni vissute dai partecipanti. Le parole possono risultare insufficienti o inadeguate per descrivere esperienze profonde di dolore o trauma, lasciando il narratore con un senso di incompiutezza.

La narrazione guidata, pur avendo il potenziale per essere uno strumento potente di guarigione e comprensione, presenta diverse criticità che non possono essere ignorate. È essenziale riconoscere i limiti di questa metodologia e lavorare per mitigarne gli effetti negativi, specialmente per quanto riguarda l’inclusività e la capacità di espressione dei partecipanti. Per migliorare l’efficacia della narrazione guidata, sarebbe utile investire nella formazione continua dei facilitatori, assicurando che siano equipaggiati per gestire una vasta gamma di esperienze e livelli di competenza linguistica. Inoltre, è importante incorporare metodi alternativi di espressione, come l’arte, la musica o il movimento, che possano aiutare i partecipanti a esprimere le proprie emozioni e i propri vissuti in modi non verbali. Non bisogna infine mancare di promuovere una maggiore consapevolezza delle differenze culturali e sociali, adattando le tecniche di narrazione guidata per rispettare e valorizzare autenticamente le esperienze di ciascun partecipante.