Quando nel nostro Paese, una persona muore, si segue una procedura, affinché il corpo del defunto abbia una propria destinazione. La Legge italiana prevede che possa essere seppellito, tumulato o cremato, ovvero trasformato in ceneri, che potranno essere consegnate al familiare – con la possibile presenza rituale di un cerimoniere – per la conservazione dell’urna o disperse, nel giardino del ricordo di un cimitero oppure in natura. Ma in altri luoghi le alternative sono diverse, per esempio per quanto riguarda le tecniche tradizionali di sepoltura come l’interramento senza bara, direttamente nella terra. Tra queste vi è la tecnica dell’idrolisi alcalina, una soluzione alla cremazione, volta non per donare il corpo al fuoco ma per sottoporlo a quel trattamento fisico-chimico in grado di sciogliere organi e tessuti per poi polverizzarne le ossa.
Si tratta di una modalità praticata in quattordici stati americani e in tre province canadesi, proposta come alternativa alla cremazione, poiché ritenuta più sostenibile a livello ambientale ed è chiamata “biocremazione”, “cremazione verde” o anche “cremazione con l’acqua”.
Un gruppo di giornalisti della BBC ha spiegato come viene eseguito tale processo con un lungo reportage sulla visita al Bradshaw Celebration of Life Center [“Centro Bradshaw per la Celebrazione della vita”], una struttura per il trattamento dei corpi dei defunti di un’agenzia di pompe funebri del Minnesota, uno dei quattordici stati al mondo in cui è permesso trattare l’idrolisi alcalina. Certo, il Bradshaw Celebration of Life Center concede anche la possibilità della consueta cremazione ma, attraverso una efficace informazione, è riuscita a persuadere molti dei propri clienti a scegliere la “biocremazione”. Ad oggi sono circa l’80% i corpi dei defunti che non vengono sepolti in modo tradizionale ma sottoposti alla idrolisi alcalina.