Dove vai che nel vento arido corri
una di quelle vie senza stagioni
dietro i cui muri luminosi un passo che rintroni aizza i cani
e sveglia l’eco? Visti dalla casa
da cui ti guardo, dove il corpo vive,
movimento e quietudine si sfanno.
T’invoco per la notte
che viene e per il sonno;
tu che soffri, tu sola puoi soccorrermi
in questo cieco transito dal tempo
al tempo, in questo aspro viaggio
da quel che sono a quello che sarò
vivendo una vita nella vita,
dormendo un sonno nel sonno.
Tu, adorata, che soffri come me,
di cui mi dà vertigine pensare
che il tempo, questo freddo
tra gli astri e sulle tempie e altro, contiene
la nascita, la malattia, la morte,
la presenza nel mio cielo e la perdita.
Mario Luzi
(20 ottobre 1914 – 28 febbraio 2005)
L’immagine in evidenza è di Oleg Oprisco