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Carlo Massarini, una grande storia da raccontare

All’interno della decima edizione de Il Rumore del Lutto, abbiamo avuto il piacere e l’onore di ospitare Carlo Massarini. Un giornalista serio e preparato ma anche un personaggio televisivo che ha fatto storia, anticipando moda e tendenze musicali di una tv che – ai giorni nostri – non esiste più. Anche Carlo Massarini si è lasciato attraversare da “9 canzoni 9 … di” ma prima, sentite che cosa ci ha detto*.

• Carlo, Absolute Beginners (Edizioni Hoepli), il tuo nuovo libro, parte citando Robert Johnson e finisce parlando di Robert Fripp dei King Crismon. In mezzo c’è un mondo meravigliosamente raccontato. Parlacene.


L’intenzione è quella di mappare le origini del rock in maniera oggettiva ma anche da un punto di vista personale. Parliamo di 280 storie racchiuse in cinque capitoli; una sorta di time-line di quanto successo nella musica.

• Come dici tu nel libro, è in atto un processo di storicizzazione del rock. La musica è diventata una grande storia da raccontare.


È così, e nel libro ho voluto parlare degli “originatori” ovvero quei “ragazzi trasgressivi, sfacciati, nonché creativi”, capaci di dare vita inconsapevolmente a ciò che oggi amiamo raccontare.

• Sarà banale ma per trovare il futuro del rock, con i tempi che corrono, occorre guardare al passato…


Questa è una vecchia regola che vale sempre. Sebbene in ambito non sia escludibile, è difficile immaginare di costruire qualcosa senza conoscerne le basi.

• Absolute Begginers è tra le altre cose una canzone di David Bowie. Che cosa ti senti di aggiungere a quanto ampiamente detto per ricordarlo?


Difficile aggiungere qualcosa. Bowie ha davvero plasmato la storia del rock non solo da un punto di vista musicale; ha, infatti, mostrato quante scene si potevano aprire partendo da quel presupposto: arte, cultura, letteratura. La musica di Bowie è una serie continua di citazioni, basti pensare a Station to Station, ai cut-up dei testi, capaci di richiamare l’opera di William Burroghs.

• Cose che se nessuno ti dice non ci fai neanche caso…


Eppure è una citazione letteraria piuttosto alta. Intendiamoci, Bowie non ha rubato e nemmeno si è inventato nulla, prendeva in prestito ciò che il tempo offriva e lo rielaborava ricreando cose in forme diverse.

• Sbaglio oppure il senso dei grandi artisti è quello di guardare sempre a 360 gradi e mai fossilizzarsi su una cosa soltanto?


Sono d’accordo. Bowie, ovviamente non è stato l’unico ma lui l’ha fatto in maniera molto vasta e in modalità piuttosto approfondita.

• La ritualità collegata all’acquisto dei dischi esiste ancora ma che prezzi! Alle fiere del disco sembra di entrare in gioielleria. Sei d’accordo?


Comincia a essere, in effetti, una passione piuttosto costosa ma il tempo in cui viviamo offre differenti possibilità; se vuoi ascoltare musica e non ti interessa il supporto, con dieci euro al mese ti fai un abbonamento a Spotify e non ci pensi più.

• Proviamo a sorridere; se a Dylan è stato dato il Nobel per la letteratura a Keith Richards dovrebbero dare quello per la medicina. Sei d’accordo?


(Sorride divertito ma poi si fa subito serio) Il Nobel a Dylan credo che sia stata un’operazione “non ortodossa” ma credo che ci stia. La sua opera letteraria per la cultura americana è stata molto importante, il fatto che passi in buona parte attraverso le canzoni e non su cartaceo non cambia la sostanza delle cose.

• Hai fatto tante cose in televisione, mi vengono in mente Mediamente oppure Mr Fantasy, peraltro tasselli imprescindibili della tua e della nostra memoria. Ti piacerebbe riproporli al giorno d’oggi?


Le trasmissioni che ho fatto, se vogliamo, sono state capaci di definire la mia figura come divulgatore oppure da apripista ma credo che tali iniziative vadano lasciate dove sono; è cambiato il contesto, le tecnologie e ovviamente anche il sottoscritto.

• Quindi, a breve, niente Carlo Massarini in TV?

Intendiamoci, mi piacerebbe proporre qualcosa con quello spirito ma dovrebbe essere una trasmissione connessa al tempo che viviamo, e comunque, detto ciò, non esistono nemmeno i presupposti; guarda cosa è successo con Ghiaccio Bollente… (chiusura del programma che andava in onda su Rai 5).

• Il vuoto culturale italiano si riflette anche e soprattutto sulla TV nazionale…


Evidentemente non esiste interesse da parte dei mezzi di comunicazione e nello specifico della Rai a proporre anche un minimo di approfondimento culturale sulla musica.

• Un peccato…


Trovo assurdo che uno come Dylan prenda un nobel per la musica e quella sera non ci sia un programma di musica che non possa fare uno speciale sull’evento.

• Ti ho intervistato – live – recentemente all’interno de Il Rumore del Lutto, giunta alla sua decima edizione, quest’anno tratta il tema della spiritualità. Che rapporto hai con la spiritualità?


(Sorride compiaciuto) Io seguo una via – se vuoi chiamiamola spirituale/orientale – e da questo punto di vista mi sento a posto. Ho avuto la fortuna di trovare un Maestro, il quale mi ha indicato una strada che seguo meditando tutti i giorni.

• Da un punto di vista musicale, la spiritualità dove nidifica?


Se dovessi citare una sola fonte, credo citerei il gospel, il quale detiene un grande potere di redenzione, allo stesso tempo diviene, negli anni ’60, la colonna sonora della lotta per l’emancipazione dei neri e quindi, come vedi, lo spirituale si trasforma in politico. Credo sia interessante il rapporto esistente tra spiritualità e musica collegata alla società e la politica.

* Intervista pubblicata precedentemente su Il Fatto Quotidiano