Quella che pareva essere soltanto una voce, ieri, 25 febbraio 2019, sul finire della giornata, è divenuta una ferale certezza. È morto Mark Hollis, cantante, polistrumentista dei Talk Talk, band di riferimento dei primi anni 80. Hollis non incarnava lo stereotipo della rock star, sebbene per un certo periodo, insieme alla band, avesse flirtato con le classifiche di vendita grazie a dischi ancora oggi in grado di illuminare a giorno la grande stagione della musica rock di quel periodo.
• Nel 1981 insieme a Lee Harris, Paul Webb e Simon Brenner diede vita ai Talk Talk. Fu Colin Thurston (morto nel 2007) a produrre The Party’s Over il disco d’esordio. Colin al tempo aveva già prodotto un certo David Bowie nonché l’esordio dei Duran Duran. Va da sé che il suono del disco fonda istintivamente l’edonismo tipico del periodo entro logiche pop in divenire; pezzi come Talk Talk e Today definiscono le coordinate insondabili di uno stile inconfondibile. Stiamo parlando di una produzione che i fan impareranno ad amare dopo il grande successo dei dischi successivi.
• Siamo nel 1984, anno magico per “la musica leggera”, sono tantissimi i gruppi che sfoderano dischi destinati a lasciare un segno indelebile nel firmamento cangiante di quegli anni. Tra questi, neanche a dirlo, ci sono anche loro. It’s my Life è senza mezzi termini un capolavoro pop. Un disco nel quale le canzoni determinano un flusso inarrestabile, sostenute da un songwriting impetuoso oltreché da melodie illuminanti; le song, sin dal primo ascolto non lasciano scampo.
• È ancora James Marshal a definire i canoni estetici del quartetto inglese, realizzando la copertina di The Colour of Spring, terzo album pubbicato nel 1986. In verità il regista ha curato interamente il catalogo della band; a tale riguardo esiste Spirit of Talk Talk, boxed edition del progetto grafico connesso al gruppo. Con lo stesso titolo esiste un album tributo nel quale artisti e band di riferimento omaggiano l’opera dei Talk Talk.
• The Colour of Spring amplifica il vocabolario musicale della formazione. Se da un lato consolida le traiettorie fino a quel momento riconosciute, dall’altro, apre a nuove direzioni. Viene inaugurato, di fatto, il nuovo corso attraverso una differente sensibilità.
• Mark Hollis era un personaggio schivo, per nulla avvezzo ai crismi imposti dall’ambiente mainstream con il quale era da sempre in rotta, tanto da portare in tribunale la Emi per aver remixato alcuni pezzi senza il consenso.“Ho fatto una scelta – dice in una delle rarissime interviste rilasciate – dovevo decidere se fare il padre oppure restare invischiato con l’industria. Non ho avuto dubbi nemmeno per un secondo, fare il padre è la cosa più bella che mi sia capitata nella vita”.
• Riflettendo sul percorso dei Talk Talk, sorge spontaneo realizzare che abbiano vissuto una carriera al contrario. Esiste forse una correlazione diretta tra l’aumento della qualità e la diminuzione della popolarità che inesorabilmente li ha visti protagonisti? Prima di rispondere bisognerebbe essere d’accordo con ciò che gran parte della critica inglese da sempre sostiene; i Talk Talk sono stati lungamente vessati dall’intellighenzia musicale d’Oltremanica, capace di celebrarli soltanto quando era tornato di moda “intellettualizzare” certi suoni.
• Spirit of Eden del 1988 è stato registrato in una chiesa sconsacrata. Quel luogo fu trasformato in una specie di covo dedicato all’oppio, saturo di candele, incenso e immagini liquide proiettate sulle pareti. Le sessioni di registrazione furono alquanto meticolose. La leggenda vuole che la band abbia trascorso due giorni a registrare un quartetto d’archi ma di quelle registrazioni venne tenuto soltanto un momento, un errore commesso dal violoncellista. Era quella l’esatta traduzione della musica secondo Mark Hollis. Forse è stato concepito per contrastare il male imperante che in quel preciso momento imperversava in ambito? Hollis dice: “Spirit of Eden è certamente una reazione alla musica che c’è in questo momento, perché la maggior parte è una merda”.
• I Radiohead hanno costruito le proprie fortune sottraendo al loro stile iniziale, l’impeto commerciale. Hollis compì la medesima azione, tuttavia il risultato ottenuto fu diametralmente opposto. Non erano forse maturi i tempi? Molto probabilmente la conclamata avversione per la comunicazione e l’approccio anti-establishment risultò essere al tempo un deterrente letale per l’insuccesso degli ultimi album, operazioni invece particolarmente congeniali a ThomYorke e soci. Mark voleva soltanto proteggere e ripulire la musica dei Talk Talk dagli stilemi inquinanti del music businness.
• Laughing Stock, nel 1991, riparte esattamente da dove Spirit of Eden aveva terminato, avvalendosi di un grande ensemble classico, sfuggendo – neanche a dirlo – a facili categorizzazioni. Sostenere che sia il perfetto suicidio commerciale non rende pienamente l’idea. Eppure tra le pieghe di quelle canzoni si cela la poetica di un artista straordinario, ottenuta mediante una complessità sconcertante. Tra quei solchi viene celebrata “la magia della sottrazione”: “Una nota è meglio di due – dice – lo spirito è tutto, e la tecnica, sebbene abbia un grado di importanza, è sempre secondaria”. Laughing Stock è un capolavoro ancora da scoprire, di grande ispirazione per la musica sperimentale contemporanea.
Per concludere:
a. Hollis ha scritto dopo sette anni dall’ultima pubblicazione con i Talk Talk un disco “omonimo”. Ennesimo capolavoro che alla luce della sua morte potrà probabilmente trovare una nuova alba.
b. Sono rare le collaborazioni alle quali si è prestato. Tra queste, ricordiamo quella con gli Unkle nel 1998 ma anche il progetto realizzato con Anja Garbarek per l’album Smiling and waving del 2000.
c. A sorpresa nel 2012 ha composto il brano ARB section per un episodio della seconda stagione della serie tv Boss.