Ti va di prendere un caffè da noi per parlare un po’ di morte? È l’invito proposto da “Death Cafe” che cura anche la diffusione del marchio nell’Occidente anglosassone, ed ora in Italia.
Il Death Café è uno spazio accogliente, riservato, nel quale le persone, che di solito non si conoscono, si trovano per una tazza di the o caffè, una fetta di torta e parlare della morte, condividendo sentimenti, emozioni, esperienze. L’incontro è aperto a tutti, indipendentemente dall’appartenenza religiosa, dall’etnia ecc… e non pretende di dare ai partecipanti risposte sulla vita, la morte o l’aldilà.
I Death Café hanno lo scopo di aumentare la consapevolezza della morte con l’obiettivo di aiutare le persone a vivere più pienamente la propria esistenza, e più serenamente la sua conclusione.
L’ideatore dei Death Café è il londinese Jon Underwood, che ne ha intrapreso l’esperienza nel 2011, ispirato dall’analoga esperienza del sociologo ed etnologo svizzero Bernard Crettaz.
In un libro, uscito nel 2010 ed intitolato “Cafés Mortels. Sortir la mort du silence”, Crettaz descrisse come dopo la morte della moglie, l’antropologa Yvonne Preiswerk (con la quale aveva fondato all’inizio degli anni Ottanta la Société d’études thanatologiques de Suisse Romande), ebbe l’idea di organizzare i “Café Mortels”, che già dal 2004 avevano coinvolto centinaia di persone in Svizzera ed in Francia ed il cui invito era: parliamo di morte al bistrot.
Jon Uderwood apprezzò a tal punto l’idea da realizzare, con l’aiuto della psicoterapeuta Sue Barsky Reid, un vero e proprio format per consentirne ovunque la riproduzione.
L’esordio avviene nel salotto della sua casa londinese, nel 2011: un momento conviviale che diviene spazio per esprimere pensieri, suggestioni, convincimenti sulla fine della vita, o solo per ascoltare gli altri mentre ne parlano. In seguito Underwood pubblica le “linee guida”, pensate per chi voglia offrire un Death Café standard, e come tale riconoscibile affiliato alla rete: l’evento è schematizzato in un diagramma di diversi punti – organizzazione, pubblicità, prenotazioni, impostazione e preparazione, valutazione, riflessione, con risposta e riscontro personale all’esperienza – a loro volta specificati in regole minuziose per gestire il Café e realizzarne ogni singolo appuntamento.
Da allora il movimento è in continua espansione e numerosi sono stati i Death Café realizzati in Inghilterra e poi negli Stati Uniti, in Canada, Australia, Brasile e, recentemente, anche in Italia, a Verona e a Firenze.