Ricorre, tra qualche giorno, il ventennale della sconparsa di Kurt Cobain. L’8 aprile 1994 il suo corpo venne trovato nella sua abitazione da Gary Smith, un elettricista. Ad esclusione del poco sangue proveniente dall’orecchio di Kurt, Smith disse di non aver rinvenuto segni visibili di particolari traumi; semplicemente, pensava fosse addormentato. Smith trovò, accanto al corpo, una lettera. Inoltre venne ritrovato un fucile a pompa, comprato per la rockstar da Dylan Carlson, un amico. L’autopsia confermò che la morte di Cobain fu causata da un “colpo di fucile autoinflitto alla testa”. Il rapporto disse anche che il cantante era morto, con tutta probabilità, il 5 aprile 1994.
In una lettera, indirizzata all’amico immaginario della sua infanzia, “Boddah”, Cobain citò anche il cantante dei Queen, Freddie Mercury, cui invidiava la passione per il proprio lavoro e per il proprio pubblico che sembravano non essere cambiati per tutta la sua carriera. Vi riportiamo il testo dello scritto che Kurt lasciò prima di spararsi.
Il corpo di Cobain è stato cremato. Un terzo delle sue ceneri sono depositate nel tempio buddhista di Ithaca (New York), un terzo è stato disperso nel fiume Wishkah e il resto è rimasto in possesso della moglie. Quest’ultima ha poi rivelato al tabloid ingleseNews of the World che nel maggio del 2008 la borsa rosa a forma di orsetto in cui si trovavano i resti del marito è stata trafugata da ignoti durante un furto nel suo appartamento di Hollywood.
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A Boddah. Vi parlo dal punto di vista di un sempliciotto un po’ vissuto che preferirebbe essere uno snervante bimbo lamentoso. Questa lettera dovrebbe essere abbastanza semplice da capire. Tutti gli avvertimenti della scuola base del punk-rock che mi sono stati dati nel corso degli anni, dai miei esordi, intendo dire, l’etica dell’indipendenza e di abbracciare la vostra comunità si sono rivelati esatti. Io non provo più emozioni nell’ascoltare musica e nemmeno nel crearla, nel leggere, e nello scrivere da troppi anni ormai. Questo mi fa sentire terribilmente colpevole. Per esempio quando siamo nel backstage e le luci si spengono e sento il maniacale urlo della folla cominciare, non ha nessun effetto su di me, non è come era per Freddie Mercury: a lui la folla lo inebriava, ne ritraeva energia e io l’ho sempre invidiato per questo, ma per me non è così. Il fatto è che io non posso imbrogliarvi, nessuno di voi. Semplicemente non sarebbe giusto nei vostri confronti, né nei miei. Il peggior crimine che mi possa venire in mente è quello di fingere e di far credere che io mi stia divertendo al 100%. A volte mi sento come se dovessi timbrare il cartellino ogni volta che salgo sul palco. Ho provato tutto quello che è in mio potere per apprezzare questo. Ho apprezzato il fatto che io e gli altri abbiamo colpito e intrattenuto tutta questa gente. Ma devo essere uno di quei narcisisti che apprezzano le cose solo quando non ci sono più. Io sono troppo sensibile. Ho bisogno di essere un po’ stordito per ritrovare l’entusiasmo che avevo da bambino. Durante gli ultimi tre nostri tour sono riuscito ad apprezzare molto di più le persone che conoscevo personalmente e i fans della nostra musica, ma ancora non riesco a superare la frustrazione, il senso di colpa e l’empatia che ho per tutti. C’è del buono in ognuno di noi e penso che io amo troppo la gente, così tanto che mi sento troppo fottutamente triste. Il piccolo triste, sensibile…! Perché non ti diverti e basta? Non lo so! Ho una moglie divina che trasuda ambizione e empatia e una figlia che mi ricorda troppo quando ero come lei, pieno di amore e di gioia: bacia tutte le persone che incontra perché tutti sono buoni e nessuno può farle del male. E questo mi terrorizza a tal punto che perdo le mie funzioni vitali. Non posso sopportare l’idea che Frances diventi una miserabile, autodistruttiva rocker come me. Mi è andata bene, molto bene durante questi anni, e ne sono grato, ma è dall’età di sette anni che sono avverso al genere umano. Solo perché a tutti sembra così facile tirare avanti ed essere empatici. Penso sia solo perché io amo troppo e mi rammarico troppo per la gente. Grazie a tutti voi dal fondo del mio bruciante, nauseato stomaco per le vostre lettere e per il supporto che mi avete dato negli anni passati. Io sono troppo un bambino incostante, lunatico! E non ho più nessuna emozione; e ricordate, è meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente.
Pace, Amore, Empatia.
Kurt Cobain
Frances e Courtney, io sarò al vostro altare.
Ti prego, Courtney, continua così, per Frances. Per la sua vita, che sarà molto più felice senza di me. Vi amo. Vi amo! Kurt
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Marco Pipitone
Marco Pipitone, Fotografo presso il laboratorio fotografico del Centro Studi e Archivio della Comunicazione (CSAC, Università di Parma). Ha Ideato e Dirige, insieme a Maria Angela Gelati "Il Rumore del Lutto Festival", la prima Rassegna di Cultura in Death Education (Parma, 2007), è giornalista e blogger. Viaggia come Dee Jay nei circuiti alternativi italiani. Si occupa nello specifico del mondo musicale, ambito ampiamente frequentato; da diversi anni è, infatti, curatore del format Endenocte (www.endenocte.com). Nel 2016 ha co-fondato l’Associazione Segnali di Vita APS. Come giornalista collabora con Gazzetta di Parma e Il Fatto Quotidiano, per il quale cura un blog di grande successo da lui ideato: “9 canzoni 9 … di Marco Pipitone”.
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