Successo clamoroso per lo spettacolo curato da Massimo Zamboni, chitarrista dei CCCP/CSI. Si è trattato di un viaggio d’iniziazione nella tumultuosa Berlino del Muro e delle case occupate, dalla strada al palco, dal palco alla strada attraverso il racconto di un percorso esistenziale, quasi che ogni canzone possa dissolversi in un brano teatrale.
È il 1981, Zamboni ha 24 anni, e più che scappare dalla provincia emiliana è alla ricerca di un indefinito sé. Berlino, in quella lunga estate, è una città di giovani e di musica, di voglia di futuro, di case occupate: un mix irripetibile di intensità e fragilità. E poi c’è il Muro. Entra in scena sommessamente, quasi soffocato dalla vitalità dell’esperienza cittadina, per poi impadronirsi dello spazio e del senso rivelandosi come autentico co- protagonista del racconto. Nella girandola di situazioni, tra i giorni a servire ai tavoli di un ristorante italiano e le notti a inseguire il sogno più underground, si fa strada la consapevolezza che sia pressoché impossibile uscire dal proprio guscio identitario.