Il vitalismo è una teoria scientifica ormai in disuso secondo la quale gli organismi viventi sono animati da una “scintilla” di vita, un’energia vivificante assente nella materia inorganica. La differenza fra un corpo vivente ed un corpo morto è proprio la presenza di questa energia. L’idea che il corpo umano ed il suo stato di salute siano legati all’esistenza di fluidi vitali ha una storia molto lunga nel pensiero medico occidentale. Secondo la teoria degli umori, già in uso nell’antica Grecia, quattro sostanze fondamentali (bile nera, bile gialla, flegma e sangue) coesistevano nel corpo umano in continuo flusso. Alterazioni inconsulte del loro equilibrio potevano avere conseguenze nefaste, e la malattia era spiegata in questi termini. Nel tardo Settecento, anche in seguito agli esperimenti di Luigi Galvani (1737-1798), l’energia vitale cominciò ad essere concepita come elettricità (Brian Stableford, Science Fact and Science Fiction, 2006). Non è dunque un caso che, in Frankenstein, lo scienziato abbia animato la creatura proprio tramite un apparato elettrico.
Il vitalismo viene generalmente opposto ad approcci meccanicistici o materialistici. Se i vitalisti sostenevano che la vita consisteva in un movimento vitale distinto dalle forze chimiche e fisiche (vedi ad esempio le opere di Marie Francois Bichat), il meccanicismo tentava di spiegare il mondo naturale tramite principi matematici. I principi che determinavano le azioni degli esseri umani potevano essere ricondotti alle stesse leggi naturali: natura ed uomini venivano paragonati a meccanismi le cui parti contribuivano al funzionamento del tutto. Queste analogie meccaniche divennero molto popolari nel XVIII secolo, con l’inizio dello sviluppo industriale. Fu in questo periodo che la costruzione di automi (i primi robot) causò accese discussioni sulla capacità degli esseri umani di ricreare la vita artificialmente. Varie macchine vennero infatti costruite nel tentativo di imitare processi vitali quali la digestione, il linguaggio e la respirazione.
Come spiega John Tresch in The Romantic Machine: Utopian Science and Technology after Napoleon, malgrado le differenze queste due scuole di pensiero (se così possono essere definite) non erano in netto contrasto. Entrambe includevano una grande varietà di posizioni differenti, e svariati studiosi ricorrevano sia a principi vitalisti che meccanicisti.